Amburgo: SECONDO FOTORACCONTO

Per chi se lo fosse perso, qui trovate la prima puntata, ovvero il PRIMO FOTORACCONTO.

Comincia così, il secondo fotoracconto da Amburgo. Con me che, appena svegliato, trovo Alessandra già vestita che ci aspetta per far colazione in casa (la notte avanti, prima di rientrare a casa, abbiamo comprato il latte e i biscotti al supermercato aperto fino a mezzanotte), mentre sulla tv satellitare, in particolare su RaiSat Storia, ha trovato uno special su Alberto Lupo, e se lo guarda tutto. Perché a casa dei genitori di Sabrina, che sono grandi viaggiatori ma non proprio poliglotti, c’è anche la tv italiana via satellite.

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Dopo colazione, abbiamo appuntamento a casa di Sabrina per prenotare via internet i biglietti del pullman per Copenhagen. Il programma della giornata è deciso, almeno per la mattinata. Infatti, strano a dirsi, l’adolescente inquieta tedesca, Marlene, che normalmente non ci rivolge parola, ha chiesto alla madre se potevamo andarla a vedere calvalcare Flamenco. A me fa piacere, uno perché quando mai mi ricapiterà di vedere un maneggio tedesco. Due, perché sento che finalmente potrò instaurare un contatto linguistico con la figlia della mia amica. Dunque ci avviamo verso casa di Sabrina, 5 minuti a piedi da lì. Ci dice: non potete sbagliare, il terrazzo di casa mia si riconosce bene perché c’è un corvo. Io: un corvo? Lei: sì, serve per spaventare i piccioni. Io: e funziona? Lei: Mah, mica tanto. Dopo un po’ i piccioni lo capiscono che è finto e non si muove. In effetti il corvo c’è. Ed è solo la prima delizia che ci riserva la casa della nostra amica.

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Quando ci apre, infatti, vediamo una statua di legno che catalogherei tra il kitsch e l’inquietante. Ci spiega che è stato un acquisto di Frank, il marito. Non è molto invitante, ma ci facciamo coraggio ed entriamo comunque.

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Sabrina, ospite sempre impeccabile, ci fa accomodare in salotto. La casa è molto bella, stranamente spoglia per i gusti di Sabrina, ma c’è qualche chicca che non mi sfugge.

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Ad esempio l’altra statua, che Sabrina ha comprato e messo in bella mostra per vendicarsi della prima, quella del marito. Si sa, il matrimonio è un gioco di equilibri.

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Poi Sabrina ci fa conoscere il suo roditore, che non si capisce se sia un coniglio nano, un topo gigante o un porcellino d’India. Fa tenerezza, ma anche un po’ pena.

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Anche Ale comincia ad esplorare la casa, trovando una serie di foto di famiglia che  rivelano il gusto italiano di chi ci vive. Nella prima cornice a destra, possiamo notare Marlene, ancora bambina, e Clarissa, la figlia piccola che tutti chiamano Cicia. Sabrina dice delle due figlie: la prima mi è venuta fuori tedesca, che parla poco e non in italiano; la seconda mi è venuta fuori italiana. Anzi, livornese. Pur avendo quattro anni, parla tanto e con accento labronico. I misteri della genetica… E infatti mi informa che in questo momento Cicia è ai Bagni Lido con nonno Carlo e nonna Gloria.

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Intanto Sabrina si è messa al computer e ci ordina tre biglietti per il pullman che tra due giorni ci dovrà portare a Copenhagen. 6 ore di viaggio per la modica cifra di 60 euro a testa.

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Ma ecco che sta per arrivare il momento clou. Usciamo e ci dirigiamo nel garage dove Sabrina tiene la macchina. Perché il maneggio dove vedremo cavalcare Marlene è fuori Amburgo e ci vuole l’auto.

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No, l’auto non è quella sopra nella foto. Anche se a me sarebbe piaciuto. Ho sempre quest’anima vintage…

Dopo una mezzoretta di macchina, eccoci finalmente giunti al maneggio. Il primo cavallo che ci dà il benvenuto è questo qua sotto. Ma non è Flamenco.

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Flamenco è questo più sotto. Bellino, non troppo grande, dal pelo grigio e marrone. Appena vede Sabrina, Flamenco comincia a tirare fuori il muso dal box. Dico a Sabrina: guarda, ti riconosce, è affezionato! E lei: No, è solo che ogni volta che vengo qui gli porto le carote o i biscottini, sicché non vede l’ora.

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Naturalmente Marlene non approva, dice che Sabrina lo fa ingrassare. Ma che volete farci: è la maledizione di avere una tipica mamma italiana. Ed eccola, Marlene. Guardate che sorriso! Sabrina mi perdonerà, ma mi pare che Marlene sia molto più a suo agio tra i cavalli che tra gli amici di sua madre.

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Quindi Marlene, senza dire una parola, ci mostra come lo striglia, lo spazzola, lo sella e lo prepara per montarlo. Io, che la vedo così rilassata, provo a intavolare una nuova discussione. Ad esempio, chiedo quanto peserà Flamenco. Marlene mi risponde con un’espressione della bocca in giù, come a dire che non lo sa. “NON LO SO”. Sono sicuro che questo riesce a dirlo, in italiano. Ma ancora non mi dà questa soddisfazione.

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Ed ecco l’occhione di Flamenco, che mi guarda e sembra volermi dire: “Ancora non demordi”? E io, no che non demordo.

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Usciamo per andare finalmente a vedere la cavalcata. Fuori vedo una bambina piccola con il suo pony, sotto a un melo.

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Sembra un poster degli anni Settanta. Non resisto e scatto un’altra foto. Ho come l’impressione che i maneggi siano un mondo a parte.

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E finalmente eccola, Marlene in sella al suo cavallo. La guardiamo cavalcare un po’. E questo ci fa guadagnare un premio speciale: un sorriso solare diretto proprio a noi. Bene, la ragazzina si sta sciogliendo. Sono sicuro che la prossima volta le tirerò fuori almeno una frase in italiano. Perché i tedeschi sono testardi, ma anche gli italiani, quando ci si mettono…

Lasciamo Marlene al suo sport preferito e ci avviamo verso l’avventura.

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L’avventura, in realtà, consta di una visita a un centro commerciale poco lontano. Qui, ci dice, Sabrina, possiamo mangiare qualcosa, c’è qualsiasi tipo di ristorante che vogliamo. Ma prima giriamo tutto il centro commerciale in cerca di che cosa? Dell’agenda per Alessandra. Scopro che ci sono tre cartolerie, tra pian terreno e primo piano. Naturalmente le giriamo tutte e tre. Troviamo un’agenda che possiede tutte le caratteristiche desiderate da Alessandra: che inizia ad agosto, col portapenna, col portadocumenti, ecc. Ma Alessandra non è convinta. Io cerco di spingerla un po’, e alla fine, torniamo nella prima cartoleria dove avevamo visto quell’agenda e riesco a fargliela comprare. Bene, penso, un pensiero in meno per il resto della vacanza. Ma penso male. La storia dell’agenda non finisce qua.

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Per il pranzo optiamo per un ristorante indiano. Ordiniamo tutti il pollo al curry, buonissimo. Peccato che, nel tentare di infilzare la forchetta in un pezzo di verdura piuttosto coriaceo, mi scappa la mano e tutto il sugo finisce, nell’ordine, sul tavolo, sul muro e sulla felpa di Alessandra. Mentre il pezzo di verdura coriaceo, dopo essere schizzato in aria, si adagia sul porta-salsa piccante. Alessandra la prende con filosofia. Lo sa che ogni tanto faccio di queste cose.

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Io, dal canto mio, sono mortificato, come si può notare dall’espressione nella foto qui sotto.

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Finito il pranzo, ci dirigiamo finalmente all’esterno e con la macchina raggiungiamo il lungo-fiume. E’ una giornata molto bella, e Sabrina decide per una passeggiata all’aperto. Appena parcheggiato ci fa notare questo bell’edificio moderno in riva al fiume. Bello, eh? ci dice. E’ un ospizio. Ogni ospite ha il suo appartamento privato, ma ha a disposizione medici, infermieri e tutti gli aiuti possibili. Costa un visibilio al mese. Però bello.

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Sulla banchina sono ancorate varie barche che funzionano da bar, e ci fermiamo in una di queste a bere un espresso.

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Anzi, no. Come al solito io e Ale facciamo gli italiani e prendiamo un espresso, Michela fa la yankee e prende un caffè americano, Sabrina fa la tedesca e prende un cappuccino.

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Comincia così la nostra passeggiata sulla spiaggia lungo il fiume. Ora, sarà pure il fiume Elba, ma la spiaggia non è per niente come quella di Cavoli. Ma la giornata è stranamente calda e assolata, e molti amburghesi si sono ritrovati qua, a godersi il panorama delle navi e dei container in partenza.

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Faccio qualche foto ai bagnanti.

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Il bagno non lo fanno, ovviamente, perché l’acqua è troppo inquinata (sarebbe peggio che fare il bagno al porto di Livorno). Ma qualche bimbetto a sciaguattare nell’acqua bassa ce l’ho visto. Sono proprio tedeschi. Chissà, a lui, qui sotto gli par d’essere alle Maldive.

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A un certo punto vedo due paia di jeans stesi ad asciugare su un muretto viola. Mi pare un buon soggetto per una foto e allora scatto. I jeans sono di un giovane e di una bambina che allarmata, fa notare al babbo che ho scattato la foto ai loro jeans. Come per dire: ma cosa ci combina scattare una foto ai pantaloni… Ragazzina, lasciami lavorare, please, che ho numerosi fotoracconti da compilare…

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Dopo aver camminato per più di un’ora, decidiamo di tornare indietro per la strada che costeggia la spiaggia. A un certo punto Alessandra chi ti vede? Surprise surprise! In bicicletta appare Frank (si vede che è tedesco?), il marito di Sabrina. Non lo abbiamo incontrato a casa sua e lo becchiamo in giro con la sua bici per Amburgo, che non è certo una città piccola. Ma te guarda il caso… Lo lasciamo alla sua pedalata e proseguiamo il cammino verso la macchina.

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Lungo la strada ci sono molte case belle, e Sabrina ci dice che qui ci abitano un sacco di ricconi. E che adesso prendiamo la macchina e andiamo a visitare uno dei quartieri lungofiume ancora più “in” di Amburgo, Blankenese.

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Saliamo in macchina e, dopo pochi minuti, Alessandra crolla, come suo solito. Niente di nuovo sul fronte (tedesco) occidentale.

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Ed eccoci a Blankenese. E i sette nasi? Ha ha ha ha ha… Scusate.

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La prima immagine non è delle più belle, ma piano piano la situazione migliora.

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Scendiamo per una viuzza stretta che porta al fiume e che ricorda, in maniera MOLTO vaga, certi paesini di mare italiani, se non altro per le ville che la costeggiano.

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Ed eccoci finalmente in “spiaggia”. Siamo in pieno pomeriggio e, incredibilmente, fa molto caldo, tanto che mi convinco, con un gesto estremamente sensuale, a togliermi la maglia a maniche lunghe e a rimanere in canottiera.

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Camminiamo sulla spiaggia verso il faro, anche questo non un esempio eccelso di architettura marina.

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Anche qui il fiume è costeggiato da villette di proprietari facoltosi, in particolare, come mi rivela la piccola guida di Amburgo che ho sgraffignato a casa dei genitori di Sabrina, mercanti d’arte. Ma quanti ce ne sono?

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Al faro ci prendiamo una pausa all’ombra. Chiacchieriamo del più e del meno, degli amici in comune che abbiamo in Italia…

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Insomma, pillaccheriamo un po’. Ugo, Laura, Lamberto, Fulvia, la Ciucia, Riccardo, Claudia, Sara, sappiate che siete stati nei nostri pensieri.

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Ma è di nuovo il momento di rimettersi in cammino, passeggiando accanto ai bagnanti che prendono il sole facendo una pennichella.

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Se io mi sono tolto la maglietta e sono rimasto in canottiera, non altrettanto hanno fatto le mie compagne di passeggiata. Ale e Sabrina però, come potete notare, hanno arrotolato i jeans fin sopra la caviglia! Che ardire!

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Ovviamente i calzini di Alessandra sono sempre al loro posto, tirati su fino al ginocchio. E ho come l’impressione che siano o di lana, oppure i calzini puzzoni, ovvero quelli in microfibra. Mentre le scatto questa foto mi dice: “Lo so, sai, perché mi scatti questa foto? Perché così puoi far vedere a tutti che a Livorno sulla spiaggia non ci vado manco morta, e qui m’è toccato venirci.” Eh sì, è proprio per questo.

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La spiaggia, qui, è ricca di vegetazione, e questo scorcio la fa sembrare quasi la spiaggia di un’isola tropicale. Quasi…

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Ci è venuta sete, perciò decidiamo di tornare indietro e fermarci a un bar sulla strada. Sulla via del ritorno noto un gruppo di ragazze intente ad una gara. Lì per lì non capisco bene, poi mi accorgo che gareggiano a chi sputa più lontano. Incredibili, queste tedesche… In realtà no. Guardando meglio non è una gara di sputi, ma una gara a chi sputa più lontano i noccioli di ciliegia (vedi le due ragazze a sinistra). Ah, ecco, molto più fine…

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Voltando lo sguardo a sinistra, poi, noto un giardino con due inquietanti bambine tutte vestite di bianco, una con la coroncina in testa. Non posso fare a meno di pensare al Giardino delle Vergini Suicide.

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Sulla strada bar non ce ne sono. L’unico che troviamo è sulla spiaggia. Io vado a prendere il posto sulla sabbia, all’ombra di un cespuglio, mentre le bimbe fanno la fila. Eccole di ritorno, Alessandra con due bicchieri di succo mela, da qualche anno a questa parte la sua bevanda preferita.

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Ci rilassiamo un po’, io faccio qualche foto ai vicini di sabbia. Sono rare, per me, queste foto in vacanza. Di solito fotografo solo palazzi e musei. Sono contento di questa giornata atipica.

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Alessandra seduta sulla spiaggia… Quando mai mi ricapiterà di vedere un’immagine del genere? Che soddisfazione!

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Abbandonata la spiaggia, torniamo sulla strada, dove una giovane ed abile pedalatrice in  monociclo cattura la mia attenzione.

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E via, di nuovo in macchina! E via, un’altra pennichella!

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Stavolta però Alessandra è in buona compagnia. D’altronde, come diceva la mi’ mamma quando da piccolo tornavo sfinito dai Pejani,  il mare sfianca.

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Sono circa le sei e mezzo quando torniamo a casa a rinfrescarci un po’. Abbiamo circa un’ora e mezzo prima di ripassare da casa di Sabrina e andare insieme a cena.

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Detto, fatto. Rieccoci a casa di Sabrina, che si rilassa a modo suo. Sta infatti giocando col computer della piccola Cicia a un giochino mooolto impegnativo. Prima di considerarci un minimo deve prima finire il livello.

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Nel frattempo documento visivamente altri particolari della casa che mi erano sfuggiti la prima volta. In particolare, questa teca che contiene i 4 pupazzi preferiti che ciascun membro della famiglia aveva da piccolo.

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Sabrina ha già organizzato tutto, per la serata. E’ sabato sera. Noi vogliamo vedere St Pauli perché, prima di partire, qualcuno a Livorno ci ha detto: Andate a St Pauli, andate a St Pauli! Ma cos’ha di speciale questo St Pauli? E perché a Livorno lo conoscono tutti? Il primo motivo è per il fatto che è il quartiere del divertimento e a luci rosse di Amburgo. Poi perché ci suonarono a lungo i Beatles prima di diventare famosi. Ma c’è dell’altro. C’è l’omonima squadra di calcio del St Pauli che negli ultimi decenni è diventata una squadra kult. Non tanto per i risultati ottenuti, quanto perché la propria tifoseria è schierata completamente a sinistra, proprio come quella del Livorno. E infatti fu la prima società di calcio tedesca che, negli anni ’80, bandì dai propri spalti i tifosi di estrema destra. Ma Sabrina non ha organizzato solo la visita a St Pauli. Per cena ha deciso che dobbiamo mangiare in modo tipicamente tedesco, e quindi ci porterà al DOM, un gigantesco luna park proprio a St Pauli, e qui assaggeremo i wurstel di cui i tedeschi sono così ghiotti. Bene, mi fa piacere assaporare gli usi e i costumi dei luoghi che visito. Ma perché allora non andiamo subito? Mi spiega Sabrina che Marlene, quando ha saputo che andavamo al DOM, ha deciso di venire anche lei. E non sola, ma con la sua amica Alessina. Però Marlene deve ancora arrivare dal maneggio, deve fare la doccia e vestirsi. E quindi aspettiamo un’oretta. Io, che di solito non amo i wurstel, li troverò buonissimi.

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L’amica di maneggio di Marlene è carina, bruna, e ha questo nome, Alessina, che denota origini italiane. E anche il cognome, che non ricordo. Infatti il nonno è italiano, ma lei non parla bene l’italiano. Io ci provo lo stesso, a farle qualche domanda, ma lei non mi capisce. Per fortuna che sono teacher of English e posso parlarle in inglese. Riesco a chiederle quanti anni ha (15), se è nella stessa classe di Marlene (no, è un anno più avanti), come si chiama il suo cavallo (non ha un cavallo suo, lei). Poi vedo che è un po’ in imbarazzo, allora Sabrina le dice che può andare a parlare tedesco di là da Marlene e Frank (che è rintanato in un’altra stanza, e senza mostrarsi ci augura buon divertimento, dato che lui non verrà al luna park). Finalmente usciamo e prendiamo la metro per il DOM, col solito biglietto Familien Karte, che però sarebbe per 5 persone mentre noi siamo in 6. E qui Sabrina mette in mostra il suo lato italiano dicendo “vabbè, se viene il controllore facciamo finta di essere italiani”. Mah, io italiano lo sono davvero. Forse si riferiva a Marlene e Alessina.

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E dunque eccoci all’ingresso del DOM. Subito mi appare un posto sconfinato. Mi spiega Sabrina che il DOM è un luna park che arriva ad Amburgo solo tre volte l’anno, ogni volta per circa un mese, e che è popolarissimo. In effetti, sarà che è sabato, ma c’è pieno di gente.

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Accanto all’ingresso del DOM vedo questo palazzo imponente e cupo che mi piace molto e che potrebbe essere uno degli edifici di un possibile film tratto da 1984 di Orwell. Nessuno mi sa dire però che palazzo sia.

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Ma bando alle ciance. Siamo tutti affamati, e svelti ci dirigiamo presso uno degli stand del wurstel, qui numerosissimi. Sabrina decide di farceli assaggiare uno per ogni tipo: classico, al curry, chiaro, scuro, ecc. E così condividiamo questo pasto tipicamente tedesco, accompagnato, ovviamente, dalla birra che è chiara, buona e va giù bene.

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Sabrina mi prende la Nikon per immortalare l’evento. Devo dire che tra tutti e tre abbiamo un’espressione niente male.

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Finito il pranzo, cominciamo ad esplorare il luna park. Il piano è quello di lasciare le ragazzine alle giostre e di andare, noi adulti, a fare un giro per St Pauli. Le ragazzine saranno contente di togliersi di torno gli adulti rompiscatole, penso. Ma Marlene, che non finisce mai di stupirmi, ci chiede se possiamo vederla andare su una delle giostre. C’è qualcosa che mi sfugge, ma ben volentieri approvo. Potrebbe essere un eventuale futuro spunto di conversazione.

Intanto scatto parecchie foto, perché il luna park , coi suoi colori e le sue facce popolari, si presta particolarmente.

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Una delle cose visivamente più bella è una specie di palafitta con le pareti trasparenti dove dei cuochi preparano da mangiare.

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Seguiamo Marlene e Alessina per capire quale giostra, tra le mille che ci sono, sceglieranno. Le montagne russe?

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Noooo. Quel trabiccolo verde e rosso che sale a perpendicolare?

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Noooo. Il labirinto degli specchi?

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Not at all. La giostra scelta dalle nostre due eroine è nientepopodimeno che… lo SHAKER, che gira e si capovolge, e bisogna avere lo stomaco di un quindicenne, appunto, per non vomitare i pezzi di wurstel appena ingeriti. Ci mettiamo di lato per assistere alla performance mirabolante della giostra. Durante i due giri, tento di fare varie foto alle amiche a testa in giù, ma non è facile, e l’unica che mi riesce meglio è questa. Notate lo sguardo in camera di Marlene…

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Finita questa incombenza, Sabrina dà a Marlene 50 euro, si raccomanda di pagare i futuri giri sulle altre giostre anche ad Alessina (gli italiani, che generosi!) e se possibile di non spenderli proprio tutti. Io penso, col cavolo che lo rivedi il resto! Le lasciamo al luna park e ci avviamo a fare un giro per St Pauli. Ci rivedremo verso le 23 e 30. Sabrina è sicura che ci sia un’altra uscita dal DOM che immette direttamente nel quartiere St Pauli, ma non riesce proprio a trovarla. Quindi, dopo svariato tempo a girare in tondo, rassegnati, decidiamo di uscire dall’entrata principale e prendere la metro a Feldstrasse.

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Ne approfitto per scattare una foto di Michela in metro. Ora, lei che mi brontola sempre che le faccio delle foto brutte, dite la verità: stavolta la colpa è del fotografo o del soggetto che fa la faccia scema?

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St Pauli è solo a una fermata di distanza. Quindi scendiamo dopo appena due minuti.

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Ed eccoci qui.  Ci incamminiamo lungo la strada principale. Ora, a dire la verità questo quartiere a luci rosse mi sembra parecchio turistico (anche se ci sono molti tedeschi)  e molto poco malfamato. Sì, ci sono dei sex shops, dei locali con spettacoli erotici live, ma niente di sconvolgente, direi.

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L’illuminazione però è ottima, piena di luci colorate, mi sa che farò un bel po’ di foto.

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Ci sono negozi di abiti particolari, pelle, latex a mascherine.

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A un certo punto troviamo anche il negozio di souvenir di St Pauli. Alessandra vuol comprarsi una maglietta per ricordo, io mi provo una camicia e una tshirt, ma non mi convincono.

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Su tutti la spunta Michela, che proprio qui, in questo negozio, al secondo giorno di vacanza, comincia a rivelare la sua dote di spendacciona e maniaca dei souvenir. E qui compra la sua prima maglietta per regalarla al nipotino Edoardo. E siamo solo all’inizio…

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Continuiamo il nostro giro di esplorazione.

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Ecco l’occasione per una bella foto: una “ballerina” sexy esce dal locale per fumare una sigaretta, e tutti i passanti si mettono a guardarla. Peccato la foto è sfuocata, ma rende bene l’idea.

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A un certo punto vedo uno strano veicolo. Si tratta di un bar ambulante, dove quelli che ci sono sopra devono pedalare per andare avanti. La genialità del popolo tedesco…

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E poi ci sono questi gruppi di ragazze, vestite in modo appariscente, con piume o cappellini, che cercano di convincere i passanti a comprare delle cose assurde, come fosse per una scommessa o per racimolare i soldi, che so, per un regalo di matrimonio.

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Ma ecco che si non già fatte le 23e30, e noi adulti abbiamo delle responsabilità di fronte ai più giovani. Sabrina telefona a Marlene e le dà appuntamento sotto alla ruota panoramica per tornare a casa tutti insieme.

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Mentre aspettiamo le adolescenti, Michela si sgranchisce le ganasce con una serie di dolcetti fritti (un po’ pesantucci, a dire il vero, tipo la pasta dei frati ma più ignorante) comprati a uno stand di dolci tedeschi.

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E finalmente arrivano anche le ragazze. Con mia grande sorpresa, Marlene tira fuori dalla tasca il resto e lo dà a Sabrina: incredibile! 35 euro di resto. Che ragazzina responsabile! Ci avviamo verso la metro, dove troviamo due ragazze che hanno vinto due mega cagnoloni di pezza e che non posso non fotografare.

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E qui, con il profilo di Marlene, finisce il nostro secondo giorno ad Amburgo. Mentre ancora sto escogitando il modo di far parlare con me l’adolescente ribelle. Mi rimane solo un giorno. Chissà se ce la farò.


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